Un nuovo studio apre le porte alla scoperta di nuovi farmaci per la SLA*
PER LA PRIMA VOLTA GLI SCIENZIATI DEFINISCONO LA STRUTTURA DEGLI AGGREGATI DI PROTEINE ANOMALE ASSOCIATE A UN GRAN NUMERO DI CASI DI SLA, APRENDO NUOVE STRADE NELLA RICERCA DI FARMACI PER BLOCCARE LA MALATTIA.
University of North Carolina Health Care
20 dicembre 2015, Chapel Hill (Carolina del Nord) – Per individuare i trattamenti per una malattia senza speranza, gli scienziati hanno bisogno di studiare e comprendere le cause scatenanti dei difetti biologici. Oggi, alcuni ricercatori della School of Medicine dell’Università del Nord Carolina hanno annunciato per primi la scoperta basata sull’evidenza scientifica di aggregati di proteine neuronali che svolgono un ruolo importante nella Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, una fatale patologia neurodegenerativa.
Lo studio, pubblicato online oggi su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), fornisce inoltre la prima e definitiva evidenza che questi aggregati di proteine sono tossici per la tipologia di neuroni che muoiono nella SLA.
Questa ricerca potrebbe rappresentare un passo cruciale verso lo sviluppo di farmaci per fermare la creazione di questi agglomerati e per arginare la progressione della malattia. Le cure per la SLA e per altre malattie neurodegenerative costituiscono da molto tempo una sfida impegnativa per i ricercatori, in gran parte perché sono patologie a eziologia sconosciuta.
“Uno dei più grandi enigmi nella Sanità è come affrontare le malattie neurodegenerative; a differenza di molti tipi di cancro e di altre condizioni, al momento non abbiamo strumenti contro queste malattie neurodegenerative”, ha detto l’autore dello studio Nikolay Dokholyan, Professore di Biochimica e Biofisica presso l’Università Nord Carolina. “Questo studio è un grande passo avanti, perché mette in luce l’origine della morte del motoneurone e potrebbe essere molto importante per la scoperta di nuovi farmaci.”
I pazienti affetti da SLA soffrono di paralisi progressiva e morte prematura a causa della perdita dei motoneuroni, che sono cruciali per muoversi, parlare, deglutire e per respirare.
Lo studio si focalizza su un sottoinsieme di casi di SLA – stimato tra l’1 e il 2 % – che sono associati alla variazione della proteina nota come SOD1. Tuttavia, anche in pazienti senza mutazioni nel loro gene SOD1, questa proteina ha mostrato di formare agglomerati potenzialmente tossici. I ricercatori hanno scoperto che la proteina forma temporanei agglomerati a tre, noti come “trimeri,” e che questi sono in grado di uccidere le cellule dei motoneuroni coltivate in laboratorio.
“Questo è un passo importante perché nessuno ha saputo esattamente quali interazioni tossiche vi siano dietro la morte dei motoneuroni nei pazienti affetti da SLA”, ha detto Elizabeth Proctor, una studentessa laureata presso il laboratorio di Dokholyan al momento dello studio e coautrice della pubblicazione. “Conoscendo questi trimeri, possiamo provare a progettare farmaci che fermino la loro formazione, o rimuoverli prima che possano causare danni. Siamo entusiasti delle possibilità che si aprono.”
Già nei primi anni del 1990, i ricercatori si sono concentrati sulla SOD1 in relazione alle proteine affette da mutazioni genetiche collegate con la SLA. Ma è stato difficile identificare la forma esatta degli aggregati proteici responsabili della morte dei neuroni, e molti degli agglomerati ritenuti tossici si sono disintegrati non appena si sono formati, rendendoli estremamente difficili da studiare.
“Si pensa che in parte ciò che li rende così tossici è la loro instabilità”, ha detto Proctor, attualmente ricercatore post-dottorato al MIT. “La loro natura instabile li rende più reattivi con quelle parti della cellula che non dovrebbero essere colpite.”
Fino ad oggi, i ricercatori non sapevano a cosa questi fugaci agglomerati assomigliassero o come potrebbero influenzare le cellule.
Per svelare il mistero, il team di ricerca ha utilizzato una combinazione di modelli computazionali e di esperimenti in cellule vive. Proctor ha speso due anni nello sviluppo di un algoritmo personalizzato per determinare la struttura dei trimeri, un aspetto dello studio che Dokholyan ha descritto come “uno straordinario tour de force” simile alla mappatura della struttura di un gomitolo di lana dopo aver preso i frammenti dei suoi strati più esterni e poi capire come si incastrano insieme.
Una volta stabilita la struttura dei trimeri, il team ha trascorso molti anni nello sviluppo di metodi per testare gli effetti dei trimeri sulle cellule dei motoneuroni coltivate in laboratorio. I risultati sono stati chiari: le proteine SOD1 che si sono strettamente legate in trimeri erano letali per le cellule dei motoneuroni in cultura, mentre le proteine SOD1 non agglomerate non lo erano.
Il team prevede ulteriori studi per investigare sulla “colla” che tiene i trimeri insieme, al fine di trovare farmaci che possano romperli o impedirne la formazione.
Inoltre, questi risultati potrebbero aiutare a far luce su altre malattie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer e il Parkinson.
“Ci sono molte somiglianze tra le malattie neurodegenerative”, ha detto Dokholyan. “Quello che abbiamo trovato qui sembra confermare ciò che è già noto sul morbo di Alzheimer, e se riusciremo a capire di più su ciò che sta accadendo qui, si potrebbe potenzialmente aprire una prospettiva per essere in grado di comprendere le origini di altre malattie neurodegenerative”.
* = traduzione fedele del comunicato stampa della University of North Carolina Health Care