ANTONIETTA, DINA E GINA: IL VERO VOLTO DELLA SLA
TRE VIDEO INTERVISTE RACCOLTE DA VIVA LA VITA ONLUS PER LA III CONFERENZA REGIONALE DEL LAZIO SULLA SLA
Roma, 16 maggio 2015
In occasione della III Conferenza regionale del Lazio sulla SLA, organizzata da Viva la Vita onlus, sono state raccolte delle video testimonianze di persone che vivono quotidianamente questa malattia: il “vero volto della SLA”.
ANTONIETTA ORLANDO
Antonietta Orlando, di Roma, assiste il padre Vincenzo dal 2008.
«All’inizio, dopo la tracheostomia, avevamo solo due ore di assistenza – racconta – Era una situazione difficile, da gestire da sola». Antonietta ha anche una figlia piccola, di cui si occupa da sola. «La Asl Roma B mi ha fatto tribolare, non dandomi subito l’assistenza giusta: c’ero solo io, che non sono un’infermiera. Adesso, anche grazie a Viva la Vita, ci hanno aumentato le ore da 2 a 5 e poi, sei mesi fa, fino a 10. Altre famiglie, però, non hanno dovuto combattere così a lungo. Quindi la mia domanda è: perché tanta differenza tra una Asl e l’altra? Alcune famiglie hanno la badante, più di 12 ore di assistenza e tutto ciò di cui c’è bisogno. Io, invece, ho dovuto combattere. Non posso lavorare, ho 44 anni, un debito di 6 mila euro con il padrone di casa, che continua a lasciarmi vivere qui sebbene non paghi. Ma quando mio padre non ci sarà più, che fine faccio io con mia figlia, senza il fondo che oggi ricevo e che mi dà da mangiare? A casa di chi vado? Cosa faccio? Mia figlia dove la porto?». Infine la domanda più drammatica: «Ho sbagliato a prendere mio padre a casa? …Non ho sbagliato».
DINA CANTISANI
Gerardina Cantisani, per gli amici Dina, ha la Sla dal 2012 e «con la malattia è arrivato tutto il peggio che poteva arrivare», racconta. Il marito è esodato dal 2008, e finché non gli hanno dato la pensione non sapevano come mangiare ogni giorno. Gli amici gli hanno dato una mano. Ma anche adesso, con la pensione, non riescono ad andare avanti. Il fondo Sla di Gerardina ammonta a 208 euro: «mi bastano appena per pagare gli integratori – assicura – che sono l’unica cosa che sembra ci faccia star meglio. Ma 208 euro sono davvero pochi per chi ha bisogno di tutto e un marito che non lavora». Dina non è ancora in una fase gravissima ma non riesce a muoversi da sola e ha bisogno di un aiuto continuo. «Non è dignitoso: qualche soldo ci aiuterebbe non ad alleviare la malattia, ma a farci stare con qualche pensiero in meno». Chiude con un appello finale, ricordando che la Sla non è una malattia lunga, ma breve: «non abbiamo tempo di aspettare tutti i tempi burocratici: mettetevi nei nostri panni».
GINA E LUIGI BRUNORI
Gina, moglie di Luigi Brunori, malato di Sla dal 2012. Ha una buona assistenza dalla sua ASL, la Roma A, ma con il fondo Sla avrebbe voluto assumere una badante, per farsi aiutare, ma «ho dovuto rinunciare perché i fondi Sla arrivano dopo 3-4 mesi e nel frattempo non so come pagarla. E poi, non sapere per quanto tempo viene erogato il fondo, impedisce di assumere una persona». Luigi, intanto, porta avanti la sua battaglia della desistenza terapeutica: quando sarà stanco di vivere questa vita, forse vorrà dire ‘basta, toglietemi gli apparecchi e lasciate che la mia vita faccia il suo corso’. Scrive Gigi con il suo comunicatore: «Parlare di fine vita è difficile, forse per voi questo è il motivo per non affrontare il problema. In fin dei conti siamo un elettorato che non ha un peso, siamo pochi e molti di noi non votano. Ma che cos’è il fine vita? Per noi malati è una lunga agonia, anche di molti anni, dove la malattia si fa sentire nel suo avanzare con la perdita delle funzioni corporali e sai che ogni perdita di funzione è un passo verso il fine vita».